Vermiglio di Maura Delpero: Un Intreccio tra Intimità e Storia
Con il suo ultimo lavoro, Vermiglio, Maura Delpero vince il Gran Premio della Giuria all’81esima Mostra del Cinema di Venezia e ci regala un affresco poetico e struggente dell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, intrecciando il destino di una grande famiglia di montagna con la complessità della Storia, che si riflette nei cicli eterni della natura e delle relazioni umane. Non è solo un film ambientato in un’epoca bellica, ma una profonda riflessione sulla vita, sulla memoria, e sull’identità familiare.
Ambientato in un piccolo borgo di montagna, Vermiglio segue l’ultimo anno della guerra attraverso gli occhi di una famiglia che, nonostante la distanza dai fronti più cruenti del conflitto, viene inevitabilmente colpita dagli eventi esterni. La trama si sviluppa attraverso quattro stagioni, riflettendo il ciclo della natura: dalla primavera alla rinascita, fino all’inverno che avvolge la terra e l’anima con il suo gelo.
La comparsa di un soldato rifugiato, simbolo di una guerra vicina ma vissuta da lontano, sconvolge la fragile pace della famiglia, portando con sé un paradosso: mentre il mondo esterno sembra avviarsi verso la pace, questa comunità trova nuove fonti di tensione e instabilità. Nel microcosmo della famiglia si riflettono le grandi questioni del conflitto: perdita, rinascita, attesa e il senso di comunità che viene messo alla prova dalla forza della Storia. Tuttavia, la guerra raccontata da Delpero non è fatta di battaglie epiche o esplosioni, ma di silenzi, di assenze e di sacrifici quotidiani.
Il tocco poetico di Maura Delpero
Ciò che colpisce in Vermiglio è il modo in cui la regista riesce a intrecciare il vissuto personale e familiare con la grande narrativa collettiva della guerra. Delpero ha svelato come la genesi di questo film sia profondamente legata alla memoria di suo padre e della sua infanzia trascorsa nel borgo montano di Vermiglio. Questa intimità si riflette in ogni fotogramma del film, che sembra pervaso da un senso di nostalgia e affetto, quasi come se fosse una lettera d’amore alla famiglia e alla terra natale.
La scelta di ambientare la storia in un paesaggio d’alta quota non è solo una decisione estetica, ma assume un valore simbolico e narrativo. Le montagne, con la loro imponenza e la loro forza immutabile, rappresentano un costante promemoria della piccolezza dell’uomo di fronte alla natura e al destino. Questa logica ferrea della montagna, come la descrive Delpero, domina le vite dei personaggi e li costringe a confrontarsi con le loro fragilità. L’inverno con i suoi muri di neve, il legno che arde per scaldare le case, il latte caldo nelle mattine gelide, tutto concorre a creare un’atmosfera carica di significato, che va oltre il semplice sfondo e diventa protagonista essa stessa.
Personaggi e dinamiche familiari
I personaggi di Vermiglio sono profondamente legati alle dinamiche familiari e alla collettività del paese. Le donne, in particolare, emergono come figure centrali nella narrazione. Sono loro che tengono insieme la casa mentre i loro uomini combattono o si perdono nei meandri della guerra. Madri che guardano il mondo da una cucina, aspettando figli o mariti che potrebbero non tornare mai più. In questo senso, il film offre una prospettiva inusuale sulla guerra: non quella dei soldati al fronte, ma quella delle persone rimaste indietro, delle vite che continuano nonostante tutto, tra sacrifici, dolori e speranze.
Particolare rilevanza ha anche il tema della trasformazione: il ventre che si gonfia e diventa creatura o la giovinezza che sfuma nell’età adulta attraverso esperienze traumatiche. Il ciclo della vita e della morte è rappresentato con un realismo poetico, dove ogni nascita o perdita sembra rispecchiare un evento cosmico. I personaggi, dunque, non sono soltanto uomini e donne alle prese con le loro vite, ma rappresentano qualcosa di più grande: la resilienza dell’essere umano di fronte alle avversità, il bisogno di speranza anche nei momenti più bui.
Estetica e ambientazione: un paesaggio dell’anima
Dal punto di vista visivo, Vermiglio è un film che colpisce per la sua capacità di evocare un senso di luogo profondo e universale. La fotografia di alta qualità coglie ogni dettaglio del paesaggio montano, rendendo la natura non solo un ambiente, ma un riflesso delle emozioni dei personaggi. Le stagioni si succedono con una bellezza ruvida e austera, e ogni elemento naturale diventa metafora del viaggio interiore dei protagonisti.
L’uso sapiente della luce, in particolare, è un punto di forza del film. Le lunghe ombre dell’inverno contrastano con i toni dorati della primavera, creando un contrasto visivo che riflette i cambiamenti emotivi dei personaggi. I suoni della natura, il vento tra gli alberi, il crepitio del fuoco nelle case di legno, tutto contribuisce a un’esperienza sensoriale immersiva.
L’interpretazione degli attori: intensità emotiva e autenticità
Uno degli aspetti più belli di Vermiglio è indubbiamente anche l’interpretazione degli attori, che conferisce al film una profondità emotiva e una straordinaria autenticità. Il cast, sebbene composto da volti non sempre noti al grande pubblico, riesce a incarnare con intensità e naturalezza i personaggi, rendendo le loro storie universali. La loro recitazione è discreta, priva di eccessi, in linea con il tono meditativo e poetico del film.
Tommaso Ragno, nel ruolo del capofamiglia Cesare, offre una performance straordinariamente potente. Con il suo sguardo profondo e tormentato, riesce a trasmettere il peso degli anni e delle responsabilità accumulate, incarnando perfettamente il personaggio di un uomo che vede la sua famiglia affrontare cambiamenti drammatici in un contesto storico incerto. Ragno riesce a evocare una presenza imponente, ma allo stesso tempo fragile, rendendo il suo personaggio una figura di grande spessore.
Giuseppe De Domenico, che interpreta Pietro, il soldato rifugiato, è impeccabile nel suo ruolo di outsider che, senza volerlo, porta scompiglio nella vita della famiglia. L’attore riesce a rendere tangibile il trauma della guerra, pur non esplicitandolo mai in modo diretto. Il suo volto riflette stanchezza, vulnerabilità e una profonda malinconia, con gesti e sguardi che raccontano più delle parole. La sua evoluzione all’interno della storia, tra alienazione e progressiva integrazione, è espressa con delicatezza, senza mai scadere nel sentimentalismo.
Roberta Rovelli, nel ruolo di Adele, offre un’interpretazione toccante, incarnando il cuore della famiglia. La sua performance è profondamente sfumata, con momenti di forza e fragilità che emergono attraverso una recitazione misurata e attenta. Adele è una donna che combatte per mantenere unita la sua famiglia, nonostante le difficoltà della guerra e le tensioni che l’arrivo di Pietro porta con sé. Rovelli riesce a trasmettere un’emotività sottile, rendendo ogni gesto e sguardo carico di significato.
Martina Scrinzi, che interpreta Lucia, la giovane della famiglia, è sorprendente nella sua capacità di rappresentare il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Il suo personaggio, che vive i conflitti della guerra e la scoperta di sé in un momento di grande cambiamento, è tratteggiato con sensibilità e autenticità. Scrinzi riesce a rendere palpabile la crescita interiore di Lucia, che attraverso le esperienze del conflitto e della perdita, scopre nuove dimensioni della propria identità.
Il lavoro corale degli attori è, dunque, uno degli elementi di forza di Vermiglio. Ogni interprete riesce a calarsi perfettamente nel contesto rurale e storico, senza mai forzare la mano, ma lasciando che le emozioni emergano in modo naturale e credibile. Grazie a questo approccio misurato e profondo, i personaggi risultano straordinariamente vicini e reali, come se potessero essere persone che conosciamo, o frammenti di una memoria collettiva che appartiene a tutti noi.
Un film d’autore che esplora la memoria e l’identità
Vermiglio non è un film facile né immediato. È una pellicola che richiede attenzione, un’opera d’arte costruita sulla lentezza e la riflessione piuttosto che sull’azione e il dialogo serrato. Ma per chi è disposto a immergersi in questo viaggio introspettivo, il film di Maura Delpero offre una ricompensa preziosa: una meditazione delicata e toccante sul tempo, la memoria e l’identità.
La regista, ispirandosi alla memoria del padre e della sua famiglia, crea un’opera che parla a tutti noi, unendo il personale al collettivo, l’individuale all’universale. In un mondo dove la guerra e la pace sono spesso considerate come opposti, Vermiglio ci ricorda che la vera battaglia si combatte ogni giorno, nelle piccole e grandi sfide della vita quotidiana. Un film che lascia un segno profondo, come una carezza sulle ferite della storia.