The Zone of Interest di Jonathan Glazer: La Quotidianità del Male
Dopo quasi dieci anni di lavorazione è finalmente uscito nelle sale The Zone of Interest del regista britannico Jonathan Glazer, premiato a Cannes con il Grand Prix Speciale della Giuria, ai Bafta come migliore film britannico, miglior film non in lingua inglese e miglior sonoro, ora candidato all’Oscar.
Il film, che prende spunto da personaggio dell’omonimo romanzo di Martin Amis (consiglio assolutamente la lettura prima o dopo la visione del film), è ambientato nell’Interessengebiet, dove la vita scorre placidamente: madri passeggiano con i bambini tra serre e fiori rigogliosi, lauti pasti, tediosa burocrazia, feste di compleanno.
Tutto intorno un’altra vita, se questa è vita (per citare Primo Levi molto presente nei ringraziamenti di Amis), nel campo di concentramento di Auschwitz.
Il film ruota intorno al personaggio del comandante delle SS preposto al campo Rudolf Höss.
Hoss vive una vita oscenamente normale, con una bella moglie (l’eccezionale Sandra Hüller vista in Anatomy of a fall), dei figli, lunghe passeggiate a cavallo.
In casa la vita scorre seguendo la cadenza di un tempo familiare, all’apparenza normale, abitudinaria.
A rendere tutto grottesco sono dei piccoli particolari inseriti nei contesti delle mura domestiche: indossare la pelliccia di una vittima delle camere a gas con spregio e avidità o bambini che giocano coi denti.
Si cita spesso “La banalità del Male” di Hannah Arendt, a volte come espressione puntuale di quello che è stato, a volte abusando di questi termini svuotandoli di significato.
La zona d’interesse non è un film sull’Olocausto, o meglio è un film che parte da quell’evento tragico che ha sconvolto vite e storie per arrivare fino a noi non ancora assimilato, compreso, risolto.
La chiave di questo film non sta nelle immagini, cosa che sembrerebbe paradossale per una pellicola cinematografica. L’elemento disturbante è il suono.
La progettazione del suono racconta più di quello che passa sullo schermo. Possiamo anche girarci dall’altra parte ma non possiamo non ascoltare.
L’orrore non emerge mai prepotente nelle immagini, lo sentiamo, sentiamo costantemente in sottofondo cosa succede oltre il muro che delimita la casa della famiglia Hoss.
Il suono disturbante ci aliena, ci inquieta e i sensi si acuiscono; in alcune scene quasi possiamo sentire l’odore e il sapore. Un silenzio rumoroso, una sinestesia. I colori vividi di fiori e piante contrapposti alle azioni girate in negativo della realtà circostante.
Stiamo vivendo come abbiamo sempre sognato di fare. Finalmente fuori dalla città. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è fuori dalla porta di casa. I nostri figli sono forti, crescono sani e felici. Questo è il nostro spazio vitale.
Lo spettatore si immedesima, così, nella routine di Hoss e non nella sofferenza, elemento molto attuale di questi tempi e che Glazer fa trapelare in maniera molto sottile.
Dobbiamo chiederci se il grottesco serve per parlare dell’orrore, passato e presente, delle ideologie, di un mondo inconsistente che collassa su di sé, delle sue contraddizioni e della ferocia resa ordinaria.
La zona d’interesse è un film che richiede tempo, che inverte il canone sul tema, ci sconcerta, ci lega al passato per non dimenticare, non pretende di indottrinare e sfugge alla volontà di assolversi e assolvere.Scheda Tecnica
Titolo Originale: The zone of interest
Regia di: Jonathan Glazer
Sceneggiatura: Jonathan Glazer
Cast: Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth, Max Beck, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen, Lilli Falk, Wolfgang Lampl
Fotografia: Lukasz Zal
Montaggio: Paul Watts
Anno: 2023
Musiche: Mica Levi
Paese: Gran Bretagna, Polonia, USA
Durata: 105 minuti