Eighth Grade di Bo Burnham: viaggio nel limbo dell’adolescenza
L’adolescenza, quel magico momento in cui ci si inizia ad affacciare timidamente al mondo degli adulti. Uno step fondamentale che per alcuni può essere un periodo piacevole alla scoperta della propria identità, mentre per altri può rivelarsi un vero e proprio incubo. Di questo ne sa qualcosa Kayla, la giovane protagonista di Eighth Grade, film d’esordio del regista americano Bo Burnham.
Kayla ha tredici anni e sta per lasciare la scuola media. È taciturna, solitaria e l’unico mezzo che utilizza per interagire con i suoi coetanei è il suo telefono cellulare. La ragazza preferisce postare foto su Instagram e video su YouTube piuttosto che chiacchierare faccia a faccia con i suoi compagni. Ma quando decide di mettersi finalmente in gioco cercando di allacciare rapporti al di fuori della dimensione virtuale, Kayla si ritrova a fare i conti con le prime cocenti delusioni.
Appare abbastanza negativa la descrizione del periodo adolescenziale che Bo Burnham ci propone in Eighth Grade. È infatti piuttosto sconfortante constatare che all’interno della scuola di Kyla le interazioni sociali sono dettate da una rigida suddivisione gerarchica in cui chi si trova nelle posizioni più basse ha poca possibilità di stringere amicizia con i compagni nelle posizioni più alte.
Questa rappresentazione delle dinamiche scolastiche non è di certo una novità, anzi è già stata ampiamente esplorata in passato in molti altri film e serie TV. In Eighth Grade la situazione appare però ancora più drammatica perché gli adolescenti all’interno della pellicola, oltre ad interagire in modo classista, tendono anche ad isolarsi con i loro smartphone.
I ragazzi sono sempre più connessi, ma nella realtà sono sempre più soli perché incapaci di distogliere lo sguardo dal loro telefonino. Anche Kayla viene risucchiata in questo meccanismo, tanto che il suo unico accesso al mondo esterno sono i social network attraverso i quali cerca una visibilità che nella quotidianità non ha. Nascondersi dietro uno schermo le permette di esporsi sentendosi protetta. Quando però inizia a muovere i primi passi fuori dalla sua comfort zone, si rende conto di quanto la realtà possa essere dura e che quell’universo fittizio in cui si è sempre rifugiata non l’ha adeguatamente preparata ad affrontare la vita vera.
In questo quadro apparentemente scoraggiante Burnham cerca però di lanciare un messaggio positivo ricordando che gli anni delle medie non sono altro che una fase di passaggio nella faticosa corsa verso la maturità e che in caso di difficoltà si può sempre contare sugli affetti più vicini. Il messaggio riesce ad arrivarci forte e chiaro grazie anche al modo realistico con cui il regista lo trasmette. Gli adolescenti al centro della pellicola parlano, si comportano e soprattutto hanno l’aspetto di veri adolescenti. Con il loro modo di esprimersi, i loro corpi acerbi e la loro acne, risultano certamente più credibili dei ragazzi dal linguaggio eccessivamente elaborato e dal fisico atletico apparsi in altre opere incentrate sull’universo giovanile. In particolar modo va apprezzata la performance di Elsie Fisher nei panni della protagonista Kayla. Il suo ritratto dell’adolescente timida e introversa è reso benissimo dai suoi sguardi bassi e dall’atteggiamento insicuro con cui si pone di fronte ai suoi coetanei.
Fra qualche sorriso dolce amaro e qualche momento di riflessione sui tempi che cambiano, Eighth Grade si lascia guardare molto piacevolmente. E se da un lato ricorda agli spettatori più giovani che la pubertà è solo una fase, dall’altra rassicura il pubblico più maturo sul fatto che i tempi delle medie sono ormai lontani. Per fortuna.
Scheda tecnica
Titolo originale: Eighth Grade
Regia: Bo Burham
Sceneggiatura: Bo Burnham
Interpreti principali: Elsie Fisher, Josh Hamilton
Musiche: Anna Meredith
Produzione: Stati Uniti d’America
Anno: 2018