Distribuzione Italiana vs Film Coreani – Chi vince, chi perde?
Durante l’anno, specie nei giorni di pioggia, quando il tempo uggia e l’umore beccheggia, incappo in violentissimi attacchi di Corea. Arrivano improvvisi, tra una visione autarchica ed una proiezione indie, mi fanno perdere i sensi e i freni inibitori. Al risveglio mi trovo sovente nudo depilato e coperto di elettrodi, un martello in mano, brandelli di cuoio capelluto attaccativi, il lettore DVD fracassato e polverizzato per ogni dove, la D in cucina, la V nel soggiorno, l’altra D in bagno. Sì, durante l’anno, specie nei giorni di pioggia, incappo in violentissimi attacchi di Corea, allora ho bisogno di qualcosa di solido da mettere davanti agli occhi. Solido. E’ un aggettivo molto usato, indica robustezza, compattezza, concretezza, affidabilità. Non brillantezza. Nemmeno genialità. Detto per il cinema, un film è solido quando fa diligentemente il suo dovere, performa secondo le aspettative sviluppando una buona sceneggiatura su argomento a tinte scure terminante in un approdo coerente. I film coreani, quando non sono eccezionali, lo sono. Solidi. Thriller coreani? Solidi. Horror coreani? Solidi. Gangster movie coreani? Solidi. Alla distribuzione italiana questo aggettivo non piace, solido non piace, e nemmeno l’altro piace, cioè eccezionale, e a ben guardare anche il termine coreano è indigesto agli italici palati, che ne preferiscono un altro: invisibile.
Qualche esempio casuale ed in ordine sparso: I’m A Cyborg But That’s Ok, Thirst (entrambi di Park Chan-wook – cioè il regista di Old Boy e Lady Vendetta, cioè uno che è seriamente candidato ad essere il miglior regista vivente), Castaway On The Moon di Lee Hey-jun, che vinse a Udine nel 2010, Secret Sunshine di Lee Chang-dong (Palma d’Oro a Cannes per la miglior attrice protagonista), che pure aveva riscosso ovazioni e premi a Venezia nel 2002 con il suo capolavoro Oasis. Memories Of Murder e The Host (non solo un film perfetto, anche campione d’incassi al box-office in patria: più di tredici milioni di biglietti staccati) di Bong Joon-ho, I Saw The Devil di Kim Ji-woon (del quale ricordo l’apparizione miracolosa nelle sale nostrane con A Bittersweet Life)… e continuare sarebbe inutile e frustrante, perché l’elenco è interminabile, e man mano che si allunga le fitte di dolore diventano insopportabili.
I titoli coreani di livello altissimo che non sono mai stati distribuiti in Italia sono tantissimi, spesso anche dotati di appeal commerciale sicuro. Alcuni vengono recuperati in homevideo con l’inevitabile inquinamento causato dal doppiaggio, altri restano invisibili, materializzandosi fugacemente solo nei festival dedicati. Il meccanismo della distribuzione nostrano non è semplicemente ottuso, è proprio di pietra: quando vedo manifesti di mediocri horror (quindi per niente solidi) made in Corea, acquistati e distribuiti in Italia un tanto al chilo – ché possono attirare gli appassionati del J-horror – non posso fare altro che ringhiare e diventare blu, un blu livido, non certo invitante come il colore della Scatola Blu.
Negli ultimi dieci-quindici anni nel mondo del cinema che amiamo sono successe molte cose, a cominciare dal corteggiamento sempre crescente di Hollywood che stacca assegni e compra i diritti per realizzare remake di film orientali. Perché mentre le fonti alle quali il cinema occidentale attinge scarseggiano sempre più, i pozzi orientali, e coreani in special modo, sono inesauribili e profondissimi, modernissimi e ricchissimi. In Italia non sono successe molte cose, invece. Anzi, non è successo quasi niente. La situazione è sempre identica, se escludiamo la crescente popolarità e importanza dei festival di cui abbiamo già parlato. Intanto il virus benefico della passione per il cinema coreano cresce comunque, e si diffonde: non è purtroppo ancora un’epidemia di massa, ma i contagiati sono sempre più e sparsi in ogni provincia. E nella nostra è imminente l’apparizione di un lazzaretto miracoloso, che per tre giornate ospiterà tutti i pazienti che hanno in comune un sintomo inequivocabile: subiscono tutti dei violentissimi attacchi di Corea. E nel lazzaretto saranno curati a dovere! L’unico effetto collaterale delle nove pillole, che saranno somministrate via grande schermo, sarà l’irresistibile bisogno di ulteriori visioni.