Un Lungo Viaggio nella Notte di Bi Gan: Sogno o Realtà?
Scritto e diretto da Bi Gan, Un lungo viaggio nella notte compare nella selezione Un Certain Regard della 71a edizione del Festival di Cannes. Le sue parole d’ordine sono sperimentazione e onirismo alla massima potenza. Dove finisce la realtà e comincia il sogno? Con quali strumenti si può indagare questa soglia?
Dopo la morte di suo padre, Luo Hongwu torna a Kaili, città in cui è nato e da cui è rimasto lontano per anni. Giunto al ristorante di famiglia, sposta indietro le lancette di un orologio rotto, dando un avvio simbolico al viaggio nei suoi ricordi. Al centro dei flashback c’è Wan Qiwen, donna che si dice scomparsa, di cui si è innamorato in passato e che non riesce a dimenticare.
Un lungo viaggio nella notte ha una trama semplice che va stratificandosi grazie ad una messa in scena sorprendente. Il film risulta bipartito sia a livello diegetico che di tecnica adoperata per la sua realizzazione. La prima parte è in 2D e segue, con ripetute soggettive, lo sguardo di Luo Hongwu, a metà tra realtà e ricordo. Con inquadrature statiche e lenti movimenti di macchina viene raccontata la morte dell’amico Randagio e la ricerca del suo assassino, durante la quale ha luogo il primo incontro con Wan Qiwen. Di fronte allo schermo di un cinema, poco prima di addormentarsi, Luo Hongwu indossa degli occhiali 3D, invitando lo spettatore, con un gesto che ha del metacinematografico, a fare lo stesso. Transizione a nero e si passa ad una visione in 3D con l’inizio della seconda parte, nella forma di un film nel film.
Se quanto visto nella prima metà pertiene alla sfera del reale, che sia questo presente o passato rievocato, la metà seguente afferisce al sogno e consta di un piano-sequenza della durata di quasi un’ora. Qui ha luogo una rielaborazione della realtà, in cui dettagli rivelatici in precedenza si mescolano in modo nuovo. Luo Hongwu è condotto in un vorticoso turbinio emotivo, durante il quale lo spettatore rimane sospeso in un territorio onirico, illogico e travolgente allo stesso tempo.
Il sogno è il perfetto non-luogo, uno spazio liminale tra finzione e realtà, la soglia tra un mondo e un altro, da cui lo spettatore è catturato, pur consapevole della sua illusorietà. Luo Hongwu vi accede attraverso il cinema che, seppur “fasullo”, come afferma egli stesso, consente un contatto profondo con sé. Potremmo quindi dire che il sogno e, per vicinanza, il cinema sono strumenti indispensabili per traghettarsi al di là di un trauma, per superare il dolore della perdita. Sono una miscela dissimulatrice in grado di condurre paradossalmente alla realtà.
L’oscillazione su di un confine si ripresenta a più livelli durante la visione: come detto poc’anzi, la pellicola è a metà tra film in 2D e film in 3D e la storia che racconta si giostra fra verità e invenzione. La sua ambientazione è la provincia, luogo a metà tra una città e un paese, dove il tempo segue regole a sé. In più frangenti i personaggi attraversano luoghi umidi o allagati, a metà tra elementi diversi, come in una sorta di limbo. Capita poi di assaporare sequenze tagliate in modo da negare allo spettatore l’immagine o il suono conseguenti una determinata azione, lasciandolo in uno stato di sospensione.
A livello cromatico, la palette scelta ricrea un’atmosfera onirica e a farla da padrone sono sicuramente gradazioni sature di verde e rosso. Il vestito, il libro, le pareti, i tavoli da biliardo, la vegetazione e numerosi arredi sono verdi. È verde anche il sottotono delle immagini cosicché venga facilmente suggerito un messaggio di ambiguità e allo stesso tempo di rinnovamento. Il rosso, complementare al verde, richiama l’attenzione su dettagli essenziali quali i capelli di una donna o il cappotto di Kai Zhen, non a caso cromaticamente antitetico rispetto all’abito verde di Wan Qiwen.
Quest’ultima è il fulcro emotivo del viaggio del protagonista, un po’ dama tenebrosa, un po’ “donna nel frigo”, per usare le parole di Gail Simone. Affascinante, quanto sacrificabile perché l’eroe della storia possa progredire, Wan Qiwen è uno strumento narrativo al servizio della crescita di Luo Hongwu e, secondo me, risiede proprio qui il limite dell’opera. Vista la struttura del racconto il male gaze è inevitabile e il personaggio femminile risultante non può che essere una piatta rappresentazione della fantasia maschile. Questo, accompagnato da un ambizioso gusto per l’eccesso, talvolta poco controllato, smorza la grandezza del risultato finale e lascia, a visione terminata, un’inevitabile sensazione agrodolce.
Scheda Tecnica
Titolo Originale: 地球最後的夜晚
Regia: Bi Gan
Soggetto: Bi Gan
Sceneggiatura: Bi Gan
Cast: Huang Jue, Tang Wei, Sylvia Chang, Bi Yan-min, ChloeMaayan, Liang Kai
Montaggio: Qin Yanan
Musiche: Lim Giong, Hsu Point
Paese: Cina, Francia
Anno: 2018
Durata: 138 minuti
Disponibile su Amazon Prime Video