Palazzina Laf di Michele Riondino: Ilva e il Dramma del Lavoro Deumanizzato
Palazzina Laf è il racconto visivo di quello che è successo a pochi chilometri di distanza da noi. L’esordio da regista di Michele Riondino scava all’interno di una ferita mai sanata.
Siamo abituati a vedere Michele Riondino nei panni dell’attore (o come organizzatore e conduttore sul palco del 1° maggio di Taranto). Palazzina Laf è il suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Non deve essere stato facile raccontare una realtà vissuta da molti in prima persona, cercando di uscire dagli schemi della narrazione della cronaca e dei telegiornali. Le vicende dell’Ilva di Taranto trascinano con sé non solo i lavoratori dell’acciaieria ma anche le persone all’esterno dell’indotto. Una presenza costante, imponente, divoratrice, accerchiante. Riondino non ha mai dimenticato le sue radici e spesso porta la sua storia, insieme alle storie di molti suoi concittadini, fuori dal confine regionale, parlandone senza fronzoli e con la sola voglia di raccontare la realtà così com’è.
Partiamo dal fatto che Palazzina Laf è un tentativo riuscito. Quasi una favola grottesca in cui le qualità dell’eroe diventano la vigliaccheria, fare la spia, fannullaggine, qualunquismo, arrivismo, vivere alla giornata sulle spalle degli altri, deformarsi a immagine e somiglianza della fabbrica.
Questo mix incredibile crea il personaggio di Caterino Lamanna (un bel baffo alla Frank Zappa, interpretato dallo stesso Riondino), un operaio, un uomo qualunque che a fine giornata vuole solo abbrutirsi davanti ad una birra. L’operaio Lamanna vive una vita spenta, sempre uguale al giorno prima. Si sente (e diventa) importante per la catena di montaggio nel momento in cui viene notato da Giancarlo Basile (Elio Germano che parla in dialetto tarantino è eccezionale) il piccolo grande burattinaio che decide le sorti dei lavoratori all’interno dell’Ilva. Da quel momento tutto diventa un’ulteriore discesa negli inferi perché Caterino diventa la spia ufficiale dei padroni.
“Vi siete mai chiesti come mai accanto alla più grande acciaieria d’Europa non ci sta nemmeno una fabbrica di forchette?”
All’Ilva si muore, è un fatto. Si muore ancora, non solo nel 1997 anno in cui succedono i fatti all’interno del film. Palazzina Laf è la storia di dodici dipendenti (che diventarono 70) forzatamente trasferiti in una palazzina inutilizzata dell’impianto, costretti a trascorrere la propria giornata senza fare nulla, senza lavorare, deumanizzati e lentamente svuotati delle loro forze. Erano in gran parte i lavoratori più sindacalizzati e, soprattutto, non avevano accettato la proposta aziendale di lavorare con mansioni e qualifiche inferiori delle loro competenze, rischiando nella maggior parte delle volte infortuni gravi e la vita stessa.
La Laf è un grande luogo dell’inganno in cui Caterino però vede realizzarsi tutte le sue aspettative da uomo medio: portare a casa uno stipendio senza far nulla. Circondato da persone che pur di far passare i minuti s’inventano qualsiasi cosa pur di non impazzire. Un misto tra un manicomio e una prigione.
Questa storia parla non solo delle condizioni di Taranto ma anche del primo caso giudiziario di mobbing in Italia.
“Il nostro lavoro serve a far accrescere la ricchezza di qualcun altro, a noi resta solo la munnezza”
Caterino Lamanna è uno strumento nelle mani di persone senza scrupoli, che vedono solo fatturato e numeri. Lamanna è “un Giuda che diventa un povero Cristo” che invece dei 30 denari ottiene una Panda, uno schiavo del sistema fiero di esserlo fino alla fine, restando l’unico coerente con sé stesso seppur a discapito delle persone intorno a lui. Resta fermo lì nella mediocrità che sublima e che accetta, sotto i suoi occhi tutto muore ma non vuole e non può fare nulla. Riondino riesce nell’intento prezioso di raccontare una storia crudele ricomponendo frammenti di vita, giocando con i punti di vista e ridefinendo i contorni tragicomici e surreali della vita.
Le location del film sono state ricostruite all’interno dello stabilimento siderurgico ex Lucchini di Piombino, in Toscana. Un grande ringraziamento va ad Alessandro Leogrande (quanto ci manca) e al suo libro “Fumo sulla città”, un reportage che narra senza sconti della trasformazione della città dei due mari.
SCHEDA TECNICA
TITOLO ORIGINALE: Palazzina Laf
GENERE: drammatico
REGIA: Michele Riondino
SCENEGGIATURA: Michele Riondino, Maurizio Braucci
CAST: Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D’Addario, Pierfrancesco Nacca, Michele Sinisi, Fulvio Pepe, Marina Limosani, Eva Cela, Anna Ferruzzo, Paolo Pierobon
PAESE DI PRODUZIONE: Italia
FOTOGRAFIA: Claudio Cofrancesco
MUSICHE: Teho Teardo e Diodato
ANNO: 2023
Disponibile su Now