BIF&ST 2019 – LA SEZIONE PANORAMA INTERNAZIONALE
Anche quest’anno la città di Bari ha ospitato, come di consueto, l’appuntamento cinematografico con il Bif&st, giunto ormai alla sua decima edizione. Il 2019 è stato l’anno di Ennio Morricone, cui la kermesse è stata dedicata. Il maestro, 90 anni e due Oscar, ha trionfalmente inaugurato questa edizione del Festival, fondato da Felice Laudadio, nel corso di una cerimonia al Teatro Petruzzelli, dove ha ricevuto anche le chiavi della città dal governatore Michele Emiliano e dal sindaco di Bari, Antonio Decaro.
Un Festival nel Festival, insomma, che ha previsto un’ampia retrospettiva di proiezioni di film con le musiche del Maestro, attraverso un programma intenso e ricchissimo anche di Mostre e di incontri a lui dedicati.
La Scatola Blu ha seguito per voi i film in concorso nella sezione Panorama Internazionale e qui di seguito ve ne segnaliamo alcuni.
“La gente deve sapere che in Brasile c’è gente che sta resistendo.
E che la nostra lotta è giusta”.
Marighella è un film di Wagner Moura sulla vera storia di Carlos Marighella, l’uomo che più di tutti si è opposto alla dittatura militare fascista in Brasile dal 1964 al 1985.
Il film mostra la storia degli ultimi anni di vita di Carlos Marighella, colui che fu alla guida, negli anni Sessanta, della resistenza nei confronti della dittatura militare e simbolo del multiculturalismo del Brasile (figlio di un operaio dell’Emilia e nipote di un immigrato venuto dal Sudan da una famiglia di schiavi).
Il film offre un ritratto esaustivo della lotta di Marighella contro una dittatura militare insediatasi con la promessa di libere elezioni entro un anno, ma rimasta al potere per più di un ventennio.
Moura, divenuto famoso al grande pubblico grazie al ruolo di Pablo Escobar nella serie Netflix Narcos e per quello del Capitano Nascimento nei film Tropa de Elite – Gli squadroni della morte, fa il suo esordio alla regia per raccontare una storia importante.
Una storia che porta con sé similitudini con l’attuale situazione brasiliana.
Una storia sull’importanza della libertà e del suo valore.
Una storia, potremmo dire, universale, che tocca nel profondo e conduce alla riflessione.
La macchina a mano, non fluida, discontinua, aiuta lo spettatore a vivere in soggettiva i momenti e le emozioni dei protagonisti: l’angoscia, l’attesa, l’incertezza, la speranza e la rassegnazione.
Il senso di impotenza e l’impulso di ergersi a difesa dei pochi rivoluzionari nella loro resistenza.
Marighella è un film sulla libertà e sull’importanza della democrazia.
Un film su quanto possano essere potenti e spaventose le parole e le idee.
È un monito.
É un film patriottico. Militante.
Un film lungo, forse imperfetto, ma che vale la pena di essere visto e “sentito” fino in fondo.
“È spaventato?
Non ho tempo per esserlo”.
Opera prima di Ulaa Salim, Sons of Denmark è un thriller politico ambientato a Copenhagen e che si incentra sul clima sociale in Danimarca a seguito dell’attentato alla stazione metropolitana di Norreport.
Una città immersa nel caos e nell’instabilità, quella raccontata dall’esordiente Salim, in cui lo scontro fra nazionalisti bianchi di estrema destra e fondamentalisti islamici si fa sempre più pesante.
Un’insofferenza e uno stato di tensione crescente scaturito, appunto, dall’episodio del bombardamento con cui inizia il film. Da qui, la nascita del volto politico dell’ultra nazionalismo: Martin Nordhal, che fonda il suo successo su una retorica sfacciatamente anti immigrazione.
Gli oppositori islamici di Nordhal si servono della sua stessa retorica per radicalizzare i giovani nella lotta contro il suo movimento nazionalista ed è proprio in questo clima che un musulmano diciannovenne frustrato e arrabbiato, Zakaria, viene indottrinato e prende parte a un attentato ai danni di Nordhal.
Il resto è tutto da scoprire e per niente scontato.
Salim ci mostra perfettamente come anche le argomentazioni più banali possano influenzare i giovani e avere un risvolto ed un impatto drammatico, spingendoli verso la strada del radicalismo.
Sons of Denmark è un film impegnativo.
Un film sull’odio che genera solo odio.
Un film spaventosamente attuale e verosimile.
Costituisce una riflessione profonda e allo stesso tempo una provocazione.
Ingenera smarrimento, confusione, al punto da far perdere il senso della realtà.
Non esistono più buoni o cattivi.
Tutto è relativo.
Un film ambizioso.
E imperdibile.
Renos, cameriere sulla soglia dei cinquant’anni, vive da solo in una casa al centro di Atene.
È un signore piuttosto timido e introverso, immerso nel suo mondo.
Nel tempo libero, ama dipingere piccole nature morte, leggere e curare le sue piante, di cui si è circondato all’interno del suo appartamento.
Una vita quotidiana fatta di routine, statica.
Ogni giorno è uguale al precedente.
Tutto questo, fino al momento in cui scopre la sospetta scomparsa del suo vicino di casa, Milan, e il contestuale arrivo di un uomo che afferma di essere un suo amico e collega, incaricato di prendersi cura del gatto per il periodo in cui starà via.
The Waiter, del regista Steve Krikris, qui anche sceneggiatore e coproduttore, è un film, che prende le mosse da un fatto realmente accaduto, di genere neo- noir o, come affermato dallo stesso regista, una storia di mistero esistenziale.
É, infatti, un film criptico, quasi concentrato, teso, ma che si distende nel finale.
La fotografia è elegante, le atmosfere a volte spettrali, i dialoghi quasi assenti.
È tutto un gioco di sguardi, di fisicità, di corpi che sono sagome negli spazi chiusi, quasi ingabbiati.
L’unico luogo aperto, naturale, “libero” è quello del bosco, che coincide con un momento e un’occasione di svolta. In molti sensi.
Un film perfettamente equilibrato.
“Voglio andare via di qua”
“Non ha senso. Non cambierebbe nulla, ti porteresti sempre dietro te stesso”
La primavera araba costringe il tunisino Nazir, sposato con la olandese Kimmy e da cui aspetta un bambino, a scappare in Europa, ma, purtroppo, a causa di intoppi burocratici non riesce a partire con lei.
Pur di raggiungerla in Europa, finirà a Lampedusa, dove verrà trattato e imprigionato come un rifugiato clandestino.
Il film diretto da Ben Sombogaart è un dramma romantico che racconta la storia vera di due innamorati che sono pronti a qualsiasi cosa pur di ritrovarsi per la nascita di loro figlio.
Divisi dalla burocrazia intraprendono una corsa contro il tempo e contro tutti per coronare il loro sogno di una vita insieme.
Una storia emozionante sui confini, sui sogni, sulla perseveranza.
E sull’amore, che tutto può.