Tokyo! di Michel Gondry, Leos Carax e Bong Joon-ho: Racconti dal Giappone
Nel 2008 tre registi si incontrano in territorio neutrale, quello del mediometraggio, per consentirsi di divagare sul tema della città di Tokyo, sulla sua natura, sui suoi spazi vitali, sulla misura e sulla organizzazione della vita associata e privata, sui brandelli di relazioni umane che sopravvivono alle strade illuminate, sul rombo assordante di suoni che invade le esistenze che la abitano. Michel Gondry, Leos Carax e Bong Joon-ho raccontano la capitale nipponica, declinandola a misura della propria personale vocazione. Ne deriva una raccolta di racconti da capogiro, rispondente delle singole semplici convinzioni sull’argomento, misura piena della poetica di ognuno.
Nell’ordine il primo è il racconto di Gondry, dal titolo Interior Design. Primo per cronologia e densità, almeno nelle parole di chi scrive. Due fidanzati si trasferiscono a Tokyo per cercare fortuna, lei per dipanare finalmente le trame inespresse della propria vita, lui per dare realtà, e una prova di fondamento, ai propri sogni di regista sperimentale. Ospiti di un’amica della ragazza, vivono il trauma di ambientarsi alla vita della metropoli. Lui pare incontrare i favori della città, lei viene rapita da un vortice di alienazione del quale è silenziosa e docile vittima. Fino alla rarefazione, fino alla (s)comparsa, alla metamorfosi (vento di echi kafkiani) in elemento d’arredo, suppellettile. Il racconto breve si confà al regista francese. A dispetto di ogni rimostranza, circa l’inconsistenza del suo dire per segmenti di surrealtà, l’opera mostra un’aderenza mai retorica all’idea di metropoli, alle dinamiche che ne regolano la vita, alle conseguenze che produce sulla umana esistenza. Delle tre è la più ispirata. Quel che più ci ha lasciati ammirati è la dolcezza della deriva finale, come esito inevitabile di ciò che fino a quel punto si è detto, non come piglio pretestuoso al fine di offrire un appiglio per intelligenti, coatte deduzioni allo sguardo indiscreto dello spettatore “riflessivo”, cui, certo, il corpo tutto dell’opera vuol riferirsi.
Il secondo segmento, Merde, segna il ritorno di Leos Carax alla regia dopo una lunga pausa. Una creatura informe, abitante le fogne della città, emerge dal sottosuolo per terrorizzare e ammazzare i suoi abitanti. Capace di un linguaggio indecifrabile, comprensibile solo a un altro uomo nel mondo, che poi diviene suo avvocato difensore nel processo in cui verrà giudicato per i crimini commessi, viene condannato per le serie di omicidi alla pena capitale. Di fronte alla tragedia, l’opinione mondiale si divide tra chi sostiene il mostro, e chi invece ne avversa il comportamento feroce. Chiuso nel suo finale aperto, il film racconta una storia pensata per far riflettere sull’animalesco (vedi istintualità primitiva) che è in noi e che muove le nostre vite, e le nostre scelte. L’idea centrale è che l’animalesco si esprime a spese del corpo di leggi che la città si è data. Il film segna il ritorno alla regia di un autore importante. Questo dato, avulso da ogni valutazione pertinente la materia di cui scriviamo, è già sufficiente a renderla degna di interesse. Carax vuole convincere chi veda del principio di esattezza e verità della storia, che è una storia di sfrenata fantasia. Noi invece non riusciamo a prendere le parti del personaggio e, da spettatori, non possiamo che limitarci a restare sconcertati di fronte al dispiegarsi delle forze in campo.
A chiudere il trittico è il lavoro del coreano Bong Joon-ho. Il suo mediometraggio, Shaking Tokyo, è la storia di un hikikomori, un eremita cittadino, deciso a ritirarsi da ogni attività per restare nella disparte della sua propria casa. Fino all’incontro con una donna, che gli consegna una pizza a domicilio. L’imprevisto scontro col mondo esteriore, dopo anni di reclusione, segnerà un cambiamento decisivo nella vita dell’uomo, significato in una serie di terremoti che fanno da conferma al travolgimento emotivo. L’estetica complessiva del mediometraggio strizza l’occhio al Kim Ki-duk più etereo. Le scelte registiche sono quasi tutte felici. Risulta efficacissima la modalità della cronaca dell’isolamento attraverso primi piani che sfondano la geometria dell’appartamento del recluso. Efficaci pure le inquadrature che ritraggono i momenti di solitudine pura del protagonista. Nel gesto breve di un racconto chiuso a sé stesso e al mondo, Bong Joon-ho descrive con levità miracolosa vite immerse in una modernità sconcertante, tellurica, tessuto di forze che mettono l’umano al tappeto. L’esposizione delle contraddizioni della vita cittadina passa attraverso l’iperbole della condizione monastica consumata nel cuore di un popolatissimo centro urbano.
Alla fine dell’ultimo mediometraggio, allo scorrere dei titoli di coda, si abbandona la proiezione commossi, convinti che, più del realismo fittizio, l’iperbole e in generale la natura fantastica dei tre racconti, sia il modo migliore per dire della città e delle sue vite.
Giovanni Campanale
SCHEDA TECNICA
Titolo originale: Tokyo!
Regia: Michel Gondry, Leos Carax e Bong Joon-ho
Sceneggiatura: Masami Inomoto, Caroline Champetier, Jun Fukumoto
Interpreti principali: Ayako Fujitani, Denis Lavant, Teruyuki Kagawa
Produzione: Bitters End, Picnic, Comme des Cinémas, Sponge
Paese: Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud
Anno: 2008
Colore