I’m a cyborg, but that’s ok, di Park Chan-wook: Dell’amore e altre follie
Young-goon ha vissuto per anni con la nonna materna. La madre, proprietaria di un ristorante, presta più attenzione alla sua attività che alla giovane figlia. Un giorno però, l’amata vecchietta viene ricoverata in un ospedale psichiatrico perché convinta di essere la madre di alcuni topi e per la sua abitudine di nutrirsi di rafani. Questo distacco forzato dalla donna crea in Young-goon un grave trauma. La ragazza si rifugia in un mondo tutto suo in cui è convinta di essere un cyborg e di poter parlare con gli apparecchi elettronici indossando la dentiera della nonna. La situazione precipita quando un giorno, durante l’orario di lavoro, si infila alcuni cavi elettrici nel polso. Salvata in extremis, anche Young-goon viene ricoverata in un centro di cura per malati mentali….
Con I’m a Cyborg, but that’s ok Park Chan-wook si discosta molto da lavori precedenti come la trilogia della vendetta (Mr Vendetta, Oldboy e Lady Vendetta) in cui a trionfare non erano di certo sentimenti positivi, e si diverte a mostrare un mondo fatto di manie, ossessioni, psicosi, popolato da uomini e donne affetti da malattie mentali che però non intimoriscono affatto. C’è la mitomane in grado di inventare storie assurde su chiunque, una donna in sovrappeso che ruba cibo ed è ossessionata dall’aspetto fisico, un uomo eccessivamente gentile che cammina all’indietro, una cantate che guarda il mondo solo attraverso il suo specchietto. E poi c’è Park Il-Soon, un ragazzo che è stato abbandonato dalla madre in tenera età e che crede di essere in grado di rubare dagli altri pazienti qualsiasi cosa: oggetti, voce, comportamenti.
Se ciò che lega tutti i personaggi del film è la follia, a trionfare infine è la più bella delle pazzie, quella del tenero sentimento di amicizia che si trasforma in amore. Un amore che sboccia fra due ragazzi che nella vita sono stati fin troppo soli. Due ragazzi che hanno provato presto il trauma dell’abbandono. Young-goon separata in maniera drastica e violenta dalla nonna, unica persona che, nonostante la sua instabilità mentale, le sia stata accanto per gran parte della vita. Park Il-Soon che non ha mai superato il vuoto incolmabile lasciato dalla madre. I due ragazzi sono due anime che hanno perso il contatto con la realtà ma che rimangono attaccati morbosamente agli oggetti che sono appartenuti alle donne della loro vita.
Il film risulta essere veloce e scorrevole, fra momenti di ilarità e attimi di tenerezza (da segnalare la scena in cui Park Il-Soon finge di impiantare in Young-goon un dispositivo per convertire il riso in energia). Non manca però la componente della vendetta tanto cara a Park Chan-wook, con la giovane “cyborg” che vuole eliminare i camici bianchi rei di aver portato via sua nonna. Ma non è l’odio nè il sangue a primeggiare questa volta, perché Young-goon ci insegna che anche nelle situazioni più impensabili è possibile trovare un proprio equilibrio e un senso alla propria vita. Un messaggio di speranza che il regista ha voluto lanciare con un grande sorriso sulle labbra, in maniera originale e fuori dagli schemi.
Valentina Palermo
SCHEDA TECNICA
Titolo: I’m a cyborg, but that’s ok
Regista: Park Chan-wook
Sceneggiatura: Seo-Gyeong Jeong, Park Chan-wook
Interpreti principali: Su-jeong Lim, Jeong Ji Hoon, Hie-jin Choi, Yong-nyeo Lee
Musiche: Yeong-wook Jo
Produzione: Corea del Sud
Anno: 2006
Colore