Haemoo (Sea Fog), di Shim Sung-bo
Basta ascoltare la parola scafista, e subito scatta l’associazione d’idee: lo scafista è un criminale senza scrupoli, che lucra sulla disperazione di massa di uomini e donne, trasportandoli, e talvolta ammazzandoli, lungo le famigerate rotte dalla Tunisia o dall’Egitto verso Lampedusa, o dalla Turchia alle coste pugliesi, tanto per fare due esempi tra tanti. Lo scafista è però solo l’ultimo tassello, quello in prima linea (spesso migrante de luxe, magari millantando doti da skipper per ripagarsi il viaggio), di una organizzazione finanziaria e criminale enorme, che muove fiumi inesauribili di denaro. Inesauribili come i flussi migratori che sfrutta, e redditizi quasi come il traffico di eroina. E’ una organizzazione molto complessa, potente, sempre mutevole: reclutatori, coordinatori, recuperatori di crediti, trasportatori, funzionari pubblici corrotti, ladri e falsificatori di passaporti, in costante movimento e incessante attività, per quella che risulta essere “la maggiore agenzia viaggi mondiale”, come hanno raccontato Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci in “Confessioni di un trafficante di uomini” (Chiarelettere, 2014).
Si tratta infatti di una rete globale, e tra le mille rotte ricorrenti non è certo ultima quella che porta dalla Corea del Nord e dalla Cina verso la Corea del Sud. Un tragitto percorso, nel 2001, anche da una nave, la Taechangho, che prima di allora era una nave di pescatori. Con la crisi asiatica del 1998 i posti di lavoro erano crollati come tessere del domino, e il capitano della nave si trovava in cattive acque (oops…), tanto da accettare lo sporco lavoro di scafista, stroncando sul nascere le proteste dell’equipaggio grazie ai rotoli di banconote subito disponibili e distribuiti, e trasportare clandestinamente diverse decine di migranti. Il viaggio della speranza mutò in tragedia, e proprio a questa tragedia reale si ispira Haemoo, durissimo film dell’esordiente alla regia Shim Sung-bo, in passato co-sceneggiatore di Memories of murder insieme a Bong Joon-ho: quest’ultimo, oltre ad aiutarlo nella produzione, è intervenuto nella scrittura, tanto da far sembrare Haemoo una sua creatura. Infatti thriller ed action, proprio come nei suoi film, si mescolano al dramma umano e sociale, col risultato di colpire forte, fortissimo, allo stomaco, senza perdere un milligrammo di tensione, ritmo, spettacolo.
Quasi interamente girato sulla nave, un ambiente claustrofobico in balia delle onde come la Corea durante la crisi economica di fine anni 90, con le scelte di ognuno che vanno inevitabilmente a condizionare le vite degli altri. Vite nascoste, offuscate dalla nebbia infernale che rende indistinguibili le buone intenzioni dalle scelte spietate e immorali, e che aumenta man mano che la barca e il suo contenuto umano vengono trascinati nell’orrore. Quando uno dei passeggeri protesta per il cibo salato, distribuito a tutti senza pensare alla scarsa quantità di acqua dolce a bordo, è subito chiaro a tutti quanto l’incompetenza possa fare più danni di una mareggiata. Spiccano comunque (degnamente circondati dalle facce perfette dell’equipaggio), nonostante la nebbia, i due piccoli grandi personaggi del capitano Kang e di Dong-Sik. Il capitano, con la sua etica semplice e immutabile fino all’estremo: “portare a casa i soldi, e farli portare a casa anche dai membri del mio equipaggio”. E Dong-Sik, il più giovane tra i pescatori, l’unico personaggio dotato di una morale, peraltro viziata dall’infatuazione per una ragazza, che prima salva dall’annegamento non esitando a tuffarsi in mare, e che poi continua a proteggere dal freddo e dalla disperata (sono tutti disperati a bordo, sì) libidine dei suoi colleghi. Fino ad un finale malinconico, struggente ed ingenuo come Dong-Sik, che ci crede davvero all’happy ending.
La mano di Bong Joon-ho è ben visibile per tutto il film: il suo cinismo, i momenti comici e i cazzotti allo stomaco del pubblico, i suoi ritratti amorali. E i conflitti che hanno luogo nel ventre della nave, nella sala macchine: il posto più caldo dove ripararsi, ma anche il posto piu pericoloso, quello dove tutti sono capaci di tutto, lontano da occhi indiscreti. Tutti gli esordienti dovrebbero godere di un protettore radicale e spettacolare del suo livello, il cinema ne gioverebbe. E ancora una volta, proprio come con Memories of murder, dobbiamo constatare che più cose terribili accadono nella realtà coreana, più il cinema ne trae linfa vitale.