I GENERI DEL CINEMA COREANO – Parte IV: La Commedia
L’italiano è bello perché è vario, quindi è chiara a tutti la distinzione tra film comico e quelle che un tempo erano la comiche. Tale distinzione non esiste nella lingua inglese, che definisce comedy sia un film sottile, raffinato ed evanescente come il lubitschiano Angel (1937; Angelo) sia il keatoniano e strepitosamente funambolico The general (1927; Come vinsi la guerra) diretto da Buster Keaton e Clyde Bruckman, sia ancora le comiche di Stan Laurel e Oliver Hardy e addirittura di Red Skelton o del mediocre duo Bud Abbott-Lou Costello, noti in Italia un tempo come Gianni e Pinotto. In compenso, la parola comedy include vari sottogeneri: prima di tutto lo slapstick, basato su botte, capitomboli, inseguimenti ecc., e derivante dal termine con cui veniva designata dapprima la spatola di Arlecchino, poi, per estensione, il bastone di cui fa uso il comico (cit. da Treccani.it). La slapstick comedy è dunque erede naturale della commedia dell’arte, filtrata attraverso il vaudeville, genere teatrale leggero peculiare del Nord America, caratterizzato da performance di artisti circensi..
Le figure mitologiche della slapstick comedy americana – Buster Keaton, Charlie Chaplin, i fratelli Marx – non hanno mai avuto rivali o epigoni coreani: la slapstick coreana non ha una storia perché da quelle parti non esiste una simile tradizione teatrale. Il circo è arrivato solo con la modernizzazione, ma del tutto privo di legami con il cinema. Le pallide tracce di commedia cominciano a intravedersi sotto l’influenza dei drammi piccolo-borghesi giapponesi, shomin geki, ovvero i racconti basati sulla vita quotidiana dei lavoratori e delle loro famiglie (emblematici i film di Ozu, con trame minimali, simbolismi, sfumature psicologiche e tanta, tanta contemplazione): un genere difficilmente esportabile in occidente ma di gran successo in patria, e, come dire, non esattamente uno spasso. Negli anni sessanta le storie erano, ancora una volta, variazioni sul tema del melodramma, con un lieto fine e atmosfere luminose e positive. Il confine tra melò e commedia era molto vago all’epoca. Non che ce ne fossero molte di commedie vere e proprio in giro, il pubblico era molto legato al melodramma shinpa, anche perché assolutamente analfabeta riguardo l’esistenza di film divertenti e pungenti, o la possibilità di farsi una sana risata trasgressiva. Lo spirito satirico era sconosciuto ai più. Tutto naturalmente originava dai lunghi anni sotto censura che avevano soppresso del tutto il cinema coreano. Come se non bastasse, la brevissima storia delle commedie terminò quando, alla fine degli anni sessanta, lo sparuto gruppo di attori comici cominciò a lavorare in tv: commedia diventò sinonimo di soap opera comica per quasi 25 anni. Bisognerà aspettare il 1993 (quando si dice il caso: proprio quando scoppiano le divertentissime bolle della new economy) per ridere al cinema, e il merito fu di Kang Woo-suk e del suo Two Cops, un brillante mix di action e comedy. Alla fine degli anni 90 la commedia aveva indubbiamente conquistato il suo rispettabile settore di mercato, strizzando l’occhio non più ai melò domestici, ma a quelli romantici. La satira è ancora quasi del tutto latitante, la televisione continua a dominare incontrastata il campo, e la commedia coreana è ancora oggi un ibrido, non ha una sua identità definita, e continua a lavorare ai fianchi gli altri generi: My wife is a gangster (che passa dal melò all’action al dramma con estrema disinvoltura), Marrying the mafia (che sbancò al box office nel 2002, una sorta di versione light del titolo precedente), Kick the moon (un’altra gangster-comedy con triangolo amoroso). Ci sono comunque casi coraggiosi come No. 3 (a proposito del quale si può finalmente pronunciare la parola satira), The foul king (risate folli e picchi emotivi da dramma puro, oltre a una salutare buona dose di slapstick), e Barking dogs never bite (del quale abbiamo già parlato, trattasi dell’esordio di Bong Joon-ho). Praticamente, la storia della commedia coreana è appena iniziata. E tra pochissime ore, nella prima delle tre giornate dedicate al cinema coreano de “I Dispersi verso Oriente”, sarà possibile rendersi conto di dove può arrivare un film coreano che inizia come una commedia. Si tratta di Secretly, Greatly, e perdersi tale visione è quasi un reato.
Ringraziamo ancora una volta il lavoro fondamentale di Chung Sung-ill, “Four Variations on Korean Genre Film: Tears, Screams, Violence and Laughter”.