Memories of Matsuko, di Tetsuya Nakashima: Nessuna parola da Matsuko
Tutti sognano, ma non tutti vedono i propri sogni realizzarsi.
Alcuni soffrono, cadono in rovina o vengono uccisi.
Alcuni, invece, ci ridono su.
In qualsiasi modo vada, il futuro è senza speranza.
La sua vita era difficile da spiegare, sopratutto se a parlare è l’immagine del cadavere di una donna immersa nei colori intensi della primavera giapponese, le luci costanti di un tramonto caldo e un mistero da risolvere, il tutto mascherato da musiche elettrizzanti e cuori frustrati.
Matsuko Kawaijiri, una donna di cinquanta tre anni che ha dedicato la sua vita al dolore per la ricerca del vero amore, dell’unico cuore che sarebbe riuscito a darle dignità, dopo le facce buffe per attirare lo sguardo frainteso del padre, dopo le battute d’arresto per uomini bestie, preda dei suoi tormentati desideri.
Matsuko Kawaijiri, una ragazza di vent’anni che intona le note del classico romanzo Harmony collezione rosa, quasi a ricordare: “Conquistata per capriccio”. In fin dei conti si parla di come lei sia riuscita a staccarsi dalla sua famiglia pur non volendolo, con l’unica colpa di sentirsi esonerata dall’affetto.
Matsuko Kawaijiri, una donna in fuga a cui attendono ben otto anni di carcere, continuando a sperare nel, forse, unico battito di cuore.
E poi denti brillanti, toni eccessivi ma sintomatici dell’evoluzione del cinema giapponese, sempre più proteso ad essere osservato più che ascoltato, delle immagini piene di foglie e colori, un musical ricorrente che corre lungo i cento trenta minuti di un film che a tratti regala tutta l’enfasi delle molteplici personalità da poter assumere.
E poi fotografie, ricordi ricostruiti tramite la voce della stessa Matsuko o di suo nipote Shou, il duplice protagonista della trama. Musica, porno, scene che sembrano una pubblicità costante, flashback senza una reale cronologia temporale, capelli tagliati e ricolorati, un corpo che riesce a trasformarsi con forza. Schiaffi, cadute violente e momenti di non controllo, per raggiungere sempre l’attimo in cui riuscire a dirsi di potercela ancora fare.
Una pellicola corposa e meritevole nell’aver vinto il premio come miglior film asiatico al Fant- Asia Film Festival nel 2007 insieme a svariati altri premi che sono andati indubbiamente a sottolineare il talento di Miki Nakatami nei panni di Matsuko. Difficile riuscire a catalogarlo all’interno di un genere ben specifico, visti i continui salti della regia, che vanno dal melodramma più spinto al musical anni novanta pieno di espressioni ed effetti surreali che rasentano, a volte, l’esasperazione.
Immagini che descrivono la vita di una donna e dei suoi uomini, senza la necessità di raccontare tutto ma parlando attraverso dei toni di voce che caratterizzano le parole, mai il contrario. In evidenza c’è, di certo, uno stile cinematografico da rivalutare per intensità di intenti e metafore, con un: “ Perdonami per essere nato” che fa da scudo a tutte le delusioni sofferte e respinte e la comicità di una vita intera che non riesce a considerarsi come unica fonte di salvezza perché di non facile interpretazione.
Clara Gentile
SCHEDA TECNICA
Titolo originale: Kiraware Matsuko no Issho
Regia: Tetsuya Nakashima
Scenografia: Tetsuya Nakashima
Interpreti: Miki Nakatami, Eita Nagayama, Yusuke Iseya
Produzione: Amuse Soft Entertainment, Kiraware Matsuko no Isshò Seisaku linkai, Tokyo Broadcasting System.
Origini: Giappone 2006