L’animazione non è solo per bambini – seconda parte
A questo punto va evidenziato come, in realtà, l’America abbia imparato molto presto la lezione giapponese riguardo alla diversificazione dei prodotti animati e di come questo linguaggio in realtà si presti benissimo anche per un pubblico adulto. Questo è evidente se analizziamo la produzione dei cortometraggi seriali, i primi nati come proposta alternativa al topolino disneyano: Betty Boop, Braccio di Ferro dei fratelli Fleischer, i Looney Tunes di produzione Warner e le animazioni di Hanna – Barbera. Tuttavia è nelle produzioni di satira più dissacrante che si può vedere l’animazione per adulti americana in cui si passa dalla sottile ironia dei Simpson e Futurama fino ad arrivare alle sconvolgenti critiche di South Park e American Dad, di cui tutto si può dire tranne che siano animazioni per bambini.
Problema tutto italiano quindi è associare l’animazione ai bambini. Come anticipato in testa al saggio, le cause vanno rintracciate all’origine dell’animazione Italiana. Seguendo le linee del testo di Bendazzi si evince come, dopo una prima parentesi di animazione in lungometraggi di scarso successo quali La rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini, I fratelli Dinamite di Nino e Toni Pagot e L’ultimo sciuscià di Francesco Maurizio Guido (unico film d’animazione neorealista), si può parlare di nascita dell’animazione italiana solo in relazione alla trasmissione Carosello nel 1957.
Carosello nasce con l’obiettivo di riunire in un unico “programma” una serie di spot pubblicitari dei vari prodotti commerciali che erano sul mercato negli anni Cinquanta/Sessanta. Queste reclame erano dei veri e propri cortometraggi creati con una tecnica ibrida che prevedeva l’utilizzo dell’animazione e della ripresa dal vero. La struttura era piuttosto rigida in quanto erano composti da un corpo centrale di puro spettacolo (la parte animata) e da un “breve” codino pubblicitario (la reclame vera e propria). Questo programma era molto amato dai bambini e ha creato quindi un’offerta di disegni animati a loro dedicati .
Chi non ha mai sentito dire dai propri genitori che da piccoli guardavano Carosello prima di andare a dormire? Questo dice molto di una generazione cresciuta con queste animazioni e sicuramente questo fenomeno ha fatto si che poi una volta divenuta adulta abbia mantenuto la concezione dell’animazione come un prodotto per minori.
Per le animazioni di Carosello si sono alternate “le matite” più prestigiose dell’animazione Italiana come ad esempio Osvaldo Cavandoli con la sua Linea, omino stilizzato che vive su una linea disegnata che pare essere infinita; oppure i fratelli Roberto e Gino Gavioli della Gamma Film i quali hanno dato vita a spot come Lo sport; o ancora la casa di produzione Pagot Film che ha creato il pulcino nero Calimero.
Da qui in poi cominciano a nascere produzioni di medio/lungometraggio come La lunga calza verde (1961) dei già citati fratelli Gavioli in collaborazione con Paolo Piffarerio in cui viene raccontata la storia del Risorgimento italiano usando un disegno caricaturale alternato a immagini più “classiche”, Manfredo Manfredi che con Ballata per un pezzo da novanta (1966) e Su Sàmbene non est abba (1969) crea un’animazione di denuncia sociale prima contro la mafia siciliana, poi sul banditismo in Sardegna.
Parlando di lungometraggi proiettati sul grande schermo non si può non citare il grande maestro Bruno Bozzetto che dopo aver presentato a Cannes il cortometraggio Tapum! La storia delle armi (1958) realizza qualche anno dopo film come West and Soda (1965), parodia del genere western, Vip, mio fratello Superuomo (1968), in cui la parodia del genere spionistico si intreccia con quella dei fumetti dell’Uomo Mascherato, e Allegro non troppo (1976), in cui la tecnica ibrida intreccia animazione e ripresa dal vero creando un’ambientazione che ricorda la Fantasia disneyana presa però come modello da superare e per certi aspetti da parodiare. Il lavoro di Bozzetto si sviluppa nella sua casa di produzione fino al 2000, anno in cui decide di chiuderla per dedicarsi ad un lavoro più indipendente creando animazioni destinate al web. La sua casa di produzione ha rappresentato un momento felice per l’animazione italiana che, nonostante vari tentativi e la presenza di animatori d’eccellenza, ha sempre fatto fatica a costruire un vero e proprio “mercato animato” al pari di America e Giappone.
Per quanto riguarda l’animazione più recente non si possono non citare i lungometraggi di aspirazione favolistica di Enzo d’Alò il quale con La freccia azzurra (1996), La gabbianella e il gatto (1998) e Momo alla conquista del tempo (2001) ha contribuito ad arricchire il panorama animato italiano. Tutti questi prodotti hanno avuto discreto successo (chi più chi meno) nel momento del loro lancio sul mercato ma hanno sempre mirato ad un pubblico infantile e lo si evince dal linguaggio e dalla grafica con cui sono costruiti. Sintomatico di come l’Italia per l’animazione punti ad un target prevalentemente che va dai 4 ai 12 anni è il grande successo che nel 2004 ha avuto Iginio Straffi creando il magico mondo delle fatine colorate: le Winx. Questo prodotto ha avuto un successo enorme trovando distribuzione straniera in 131 paesi. Considerando ciò che è avvenuto intorno a questo “cartone animato” ovvero la produzione di una serie di prodotti di merchandising, la creazione di una trilogia di film e di spettacoli teatrali ad essa dedicati, si potrebbe dire che in scala, sebbene nettamente inferiore, è riuscita a creare intorno a questi personaggi lo stesso successo che la Disney ha creato intorno al suo mondo. Tuttavia le Winks, come suddetto, sono state create espressamente per i bambini e questi una volta cresciuti difficilmente si rimetteranno a guardare questa serie animata. Quanti adulti invece, se trovano in tv una puntata di Lupin III la guardano ugualmente? E a Natale quando trasmettono in chiaro i classici Disney siamo sicuri che almeno una sbirciatina alla scena preferita non la daremo?
In questa sede non si è voluto procedere ad una ricostruzione storica dello sviluppo dell’animazione nostrana ma si è cercato solamente di tracciarne le linee generali al fine di mostrare come la produzione italiana sia comunque presente, ma sempre ad un livello inferiore e targettizzato rispetto alla produzione cinematografica. Questo particolare atteggiamento si è poi riversato anche nella distribuzione di produzioni straniere.
Tuttavia va evidenziato come in Italia, negli ultimi anni, l’atteggiamento verso l’animazione si stia progressivamente allontanando dalla mera categoria “prodotto per bambini”. Questa trasformazione la si deve all’assiduo lavoro non solo dei registi e animatori, che hanno sempre più raffinato le tecniche e articolato le sceneggiature, ma anche al circuito di distribuzione e promozione che si è venuto a creare intorno all’animazione. Eventi e festival ad essa dedicati come ad esempio il Lucca Comics & Games, il Romics a Roma e il Future Film Festival di Bologna hanno contribuito a creare vetrine che hanno reso possibile la divulgazione di queste opere nella loro interezza, dando la possibilità di far capire che cos’è l’animazione.
Ora anche una fetta di pubblico adulto, prima disinteressata all’animazione, si sta avvicinando a questo mondo provocando, quindi, una nuova spinta alla produzione e distribuzione italiana, contribuendo alla progressiva eliminazione del binomio cartone animato-opera per bambini. Non resta che vedere cosa succederà.
Bibliografia:
– Antonini A., L’incanto del mondo. Il cinema di Miyazaki Hayao, Il Principe Costante, Milano, 2005
– Azzano E. e Fontana A., Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata, Bietti, Milano, 2015
– Bendazzi G., Lezioni sul cinema d’animazione, Cuem, Milano, 2004
– Génin B., Il Cinema d’animazione. Dai disegni animati alle immagini di sintesi, Lindau, Torino, 2005
– Raffaelli L., Le anime disegnate. Il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre, Minimum fax, Roma, 2005
– Rodolino G., Storia del cinema d’animazione. Dalla lanterna magica a Walt Disney, da Tex Avery a Steven Spielberg, Utet, Torino, 2003
– Scrimitore R., Le origini dell’animazione italiana. La storia, gli autori e i film animati in Italia 1911-1949, Tunué, Latina, 2003